Nel Pozzo 47 semi di melone nell’epoca nuragica

In Sardegna, nella zona archeologica oristanese sono stati ritrovati 47 semi di melone datati fra 1310-1120 a C. : oltre tremila anni fa.

Nella zona archeologica di Cabras, esattamente nel pozzo N in Località Sa Osa, sono stati ritrovati i semi di melone più antichi del Mediterraneo. Dai pozzi scoperti dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano continuano a sorprendere i ritrovamenti all’interno dei pozzi risalenti a più di tremila anni fa. Recentemente sono stati pubblicati i risultati degli studi effettuati dal gruppo di archeobotanica del Centro Conservazione Biodiversità (CCB) dell’Università di Cagliari, diretto da Gianluigi Bacchetta, incentrati sui semi di vite rinvenuti all’interno dei pozzi che hanno portato a importanti indizi sull’origine della viticoltura in Sardegna e in Europa.Grazie alla collaborazione fra i migliori specialisti nazionali e internazionale di archeobotanica e archeobiologia dell’Instituto de Historia (CCHS-CSIC) di Madrid, l’Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree (IVALSA-CNR) di Sesto Fiorentino, la Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ed il laboratorio di Palinologia e Paleobotanica dell’Università di Roma La Sapienza si è riusciti ad approfondire gli studi sul ricco materiale rinvenuto nel Pozzo N.

Il resoconto dell’Università di Cagliari ha evidenziato che il rinvenimento dei 47 semi di melone è il risultato di maggior rilievo, poiché fino ad oggi le prime conoscenze sulla coltivazione di questa specie erano relazionate solo al vicino e al medio Oriente. Prima d’oggi la diffusione del melone nel Mediterraneo veniva riportata ai periodi dei Greci e dei Romani, epoche molto più recenti. Il materiale rinvenuto nel Pozzo N si rivela quindi una vera e propria miniera di informazioni relative al periodo vissuto delle popolazioni nuragiche che abitavano quegli antichi luoghi. Lo studio del materiale esaminato riguarda centinaia di migliaia di semi, frutti, granuli pollinici e frammenti di legno e carbone di piante coltivate e selvatiche, come olivo, mirto, mora, frumento, orzo, pruno selvatico, ginepro, lentisco e molte altre ancora. Il quadro emergente evidenzia un popolo nuragico con una un’economia di sussistenza alquanto sviluppata e una profonda conoscenza della flora e vegetazione della Sardegna, su cui eseguivano un’attenta selezione delle materie prime.

21 Febbraio 2015