Nuovo esposto sui lavori nella falesia di Punta Giglio
Le Associazioni Italia Nostra Sardegna, Punta Giglio Libera - Ridiamo Vita al Parco, Earth Gardeners, Siamo Tutti Importanti, hanno inviato al Ministero dell’Ambiente e all’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente un nuovo esposto relativo al progetto dei “Lavori di mitigazione Rischio frana sulle falesie di Punta Giglio nel comune di Alghero”
Le Associazioni Italia Nostra Sardegna, Punta Giglio Libera – Ridiamo Vita al Parco, Earth Gardeners, Siamo Tutti Importanti hanno inviato al Ministero dell’Ambiente e all’Assessorato regionale della Difesa dell’Ambiente un nuovo esposto relativo al progetto dei “Lavori di mitigazione Rischio frana sulle falesie di Punta Giglio nel comune di Alghero”, nel quale vengono segnalate “numerose incongruenze emerse dall’esame degli elaborati tecnici acquisiti solo di recente, a seguito di una formale richiesta di accesso agli atti”. Le associazioni precisano che “le dettagliate prescrizioni di tutela del bene naturale dettate con due distinti pareri dal Ministero e dalla Regione in merito alle modalità di esecuzione dei lavori (l’obbligo di recupero dei materiali rocciosi disgaggiati e abbattuti per impedirne il deposito nei fondali marini, l’imposizione di speciali precauzioni per evitare il coinvolgimento dell’ambiente acqueo prospiciente le falesie, l’adozione di particolari misure a protezione della componente naturalistica) risultano sostanzialmente ignorate”.
“Dall’esame della documentazione emerge, infatti, che esse non solo non sono state recepite in sede progettuale ma in più punti sono anzi contraddette dalle previsioni degli elaborati tecnici. È evidente d’altra parte che, considerate la tipologia degli interventi, da compiere essenzialmente in ambiente subaereo, nonché le peculiarità geologiche di una falesia viva, in costante evoluzione, il rispetto delle misure imposte con le Autorizzazioni non può che comportare, nell’ambito esecutivo, inevitabili se non insormontabili difficoltà operative. Da ciò dovrebbe scaturire l’obbligo di un’esplicita menzione delle stesse prescrizioni all’interno dei patti contrattuali in modo da evitarne l’elusione e prevenire assai probabili contenziosi. Al contrario l’omesso computo dei relativi oneri aggiuntivi comporterebbe un’imponderabile lievitazione dei prezzi difficilmente gestibile nel corso dei lavori, specie se si considera l’entità del ribasso di aggiudicazione della gara risultato pari al 34,62%.”
“Si fa inoltre presente che a detta degli stessi progettisti e soprattutto a detta del Servizio distrettuale idrografico regionale (ADIS), la finalità progettuale della mitigazione del rischio non sarebbe conseguibile a fine lavori a causa della natura stessa della falesia e per la molteplicità delle linee di frattura e dei potenziali punti di distacco. I fenomeni evolutivi di una falesia “viva” non sono infatti per loro stessa natura prevedibili con sufficienti margini di sicurezza. Non sussiste dunque alcuna garanzia che a lavori ultimati possa essere rivista la classificazione Hg4 (alta pericolosità di frana) imposta dal Piano di Assetto Idrogeologico (PAI), né che sia rimossa l’interdizione alla navigazione nella fascia dei 200 mt disposta nel 2015 dalla Capitaneria di Porto. La soluzione più efficace e non impattante non può che essere quella dell’Opzione Zero ovvero la scelta della “non interferenza” con i fenomeni naturali in atto, conservando le misure di sicurezza che di fatto azzerano il rischio”.
Le Associazioni rilevano che, “seppure in assenza di simulazioni degli effetti degli interventi, le tavole di progetto dimostrano in modo inequivoco che le caratteristiche morfologiche, l’aspetto esteriore e l’immagine stessa della falesia non potrebbero che risultare profondamente compromessi dalle demolizioni, dalle reti di protezione, dai tiranti e dalle funi metalliche. In altri termini a lavori ultimati la falesia risulterebbe irreversibilmente “sfregiata”, senza che la comunità possa peraltro averne alcun beneficio”. Le Associazioni sottolineano infine “i gravi deficit decisionali determinati dall’autoreferenzialità del management dell’Ente Parco e resi manifesti dall’omesso coinvolgimento dei portatori di interesse nel procedimento amministrativo, dall’assenza di un’adeguata informazione all’Assemblea del Parco, dal mancato riconoscimento del ruolo della Commissione di Riserva dell’Area Marina Protetta, che avrebbe dovuto assumere un ruolo rilevante nella valutazione di un progetto che ha come fulcro la gestione dell’ambiente marino, e che invece non è stata neppure consultata”.