Parco ed economie locali
Ad Alghero si discute di riforma del Parco. E non solo ad Alghero. Federparchi ha rilanciato recentemente il tema della riforma della 394/91, la legge nazionale sui parchi, proponendo che gli Enti parco diventino soggetti maggiormente attivi. In pratica, considerati i numerosi tagli imposti alle pubbliche amministrazioni, bisognerà rilanciare l’odierna gestione verso un modello nel quale il sostegno pubblico non sia più l’unica risorsa per la sopravvivenza degli enti, ma siano possibili anche risorse provenienti da attività svolte all’interno di tali aree, con un maggiore coinvolgimento delle aziende locali.
E già oggi le realtà imprenditoriali presenti nei parchi nazionali dimostrano una crescita del tessuto produttivo, più significativa rispetto alla media nazionale. Il sistema nazionale delle aree protette italiane oltre a essere uno straordinario forziere di beni territoriale, è anche un fattore di promozione dello sviluppo locale. Dai nostri parchi nazionali deriva il 3,2% della ricchezza prodotta nell’intero Paese. Una ricchezza alla quale contribuisce in modo rilevante l’agricoltura, che fa delle aree protette il terreno privilegiato, dove si produce il 6,5% del valore aggiunto nazionale del settore.
Il turismo nei parchi produce il 5,9% dell’intero valore aggiunto del settore. Nel 2010 i comuni delle aree nazionali protette hanno registrato un totale di presenze turistiche di oltre 22 milioni di unità mostrando una capacità attrattiva maggiore delle medie nazionali. Le presenze turistiche nei parchi nazionali è di 7,4 contro le 6,2 del totale nazionale. La migliore performance turistica è del Parco de Cilento (4,2 milioni di presenze), seguito da Parco del Gargano (4,1 milioni), dello Stelvio (4,1 milioni), dal Parco dell’Arcipelago Toscano (3,1 milioni) e dal Parco delle Cinque Terre (0,7 milioni).
I parchi italiani non sono un costo per la collettività. Al contrario è dimostrato che per ogni euro che lo Stato spende annualmente per il sistema Parchi, riceve cento euro in tasse per il maggior reddito generato. Le ricadute occupazionali del sistema sono stati quantificati da Federparchi in oltre 80.000. Un recente studio ha dimostrato che oggi la società italiana riconosce alle aree protette il valore di bene comune, sia per la capacità di conservare i valori naturalistici e culturali, sia per il ruolo di volano per lo sviluppo green dei territori.
Nella nostra realtà del nord Sardegna, i Parchi non godono di una diffusa condivisione. Nella percezione comune sono spesso considerati stipendifici autoreferenziali, troppo legati alla politica, deludenti di fronte alle aspettative del territorio. Che erano quelle di proteggere le ricchezze territoriali, utilizzandole in maniera intelligente per creare nuovo benessere. Una maggiore condivisione potrà nascere solo da una politica che veda i parchi come soggetti attivi nei progetti di sviluppo locale, ponendo come indicatore di risultato le concrete ricadute sul territorio.
Nel clima riformatore della nuova amministrazione di Alghero, si parla di una riforma della legge istitutiva del Parco. È un gesto positivo. Ma non si tratta solo di incarichi istituzionali. E’ tempo di aprire una seria riflessione su come rilanciare l’esperienza delle nostre aree protette. E’ necessario, in particolare, correggere l’invadenza della politica nelle scelte gestionali, individuando criteri di competenza e managerialità. Occorre recuperare un rapporto di leale collaborazione con la Regione e gli attori del territorio, infine fornire alle aree protette gli strumenti per diventare veri laboratori della green economy.
Per il mondo agricolo potrà essere l’occasione per “entrare nel Parco”, cioè assumere quel ruolo attivo, tanto significativo nei parchi italiani, puntando su un’agricoltura di qualità attraverso Piani di Sviluppo Rurale all’interno delle aree parco e di quelle attorno al parco. La produzione di prodotti tipici biologici e tradizionali potrà contare su un mercato di sicura espansione e non potrà che incrementare il turismo nelle aree protette.
Un’azione seriamente riformatrice dovrà partire da una riflessione partecipata, un confronto tra tutti i portatori di interesse del territorio su come aggiornare l’agenda del Parco a 12 anni dalla nascita, con l’intento di valorizzare i risultati di questi anni e allo stesso tempo di immaginare nuove e più avanzati strumenti e soluzioni per affrontare le sfide future. Partendo da una ridefinizione della ‘missione’ del parco, un nuovo patto che metta al centro il valore della biodiversità e della sua conservazione. Ma che sia anche capace di produrre buona economia e di mobilitare le migliori energie economiche, sociali e culturali dei territori.