Povertà in Sardegna. L’opinione di Mario Bruno
Serve un nuovo sistema di welfare ed un confronto serio e competente sulle politiche per il lavoro. È questa la sfida improcrastinabile con la quale occorre immediatamente confrontarsi. È intollerabile che davanti alla drammatica realtà raccontata oggi dalla Caritas regionale, la maggioranza di centrodestra non riesca neanche a portare in Aula leggi come quella a favore delle famiglie, che ho avuto modo di studiare e proporre insieme alle associazioni familiari sarde e che ho riproposto ad inizio legislatura con la firma dell’intero gruppo del Pd. Non una legge ideologica, ma concreta, per le tantissime famiglie che in Sardegna soffrono situazioni di disagio.
All’interno della proposta si trovano i “Prestiti-famiglia” (sino a trentaseimila euro, senza interessi o a tasso agevolato, della durata massima di cinque anni) concessi per superare momentanei stati di disagio a chi vive sulla soglia della povertà (sarà costituito un apposito fondo regionale e la Regione presterà fideiussione su richiesta dell’istituto di credito erogatore del prestito): anche i mutui sono più favorevoli per favorire l’accesso alla prima casa. Per le nuove famiglie è prevista una riserva del 20 percento degli alloggi dell’edilizia pubblica e sovvenzionata; il rimborso, nei primi due anni di matrimonio, del 50 percento della tassa rifiuti; il rimborso delle spese di allaccio dei servizi (acqua, luce, gas). La legge dedica un’attenzione particolare al sociale, attraverso una serie di iniziative, la più significativa delle quali è l’apertura di asili nido e “micro asili” nei posti di lavoro (previsti incentivi per i progetti). Infine, un’integrazione del reddito è prevista per le famiglie con almeno tre figli a carico e altri aiuti concreti sono previsti a chi tiene con sé anziani e disabili, favorendo il rientro e la permanenza in famiglia.
Tutto fermo in commissione sanità, inspiegabilmente. La politica ha grandi responsabilità per non essere riuscita ad accompagnare la crisi economica. In questi anni abbiamo cercato di farlo capire al presidente Cappellacci: alla Sardegna occorreva ben altro che inutili e inapplicabili leggi per il golf, finte riforme – come quella sanitaria – o tentativi di stravolgimento delle regole. Non ci sono stati, fin dall’inizio, interventi per arginare l’ondata della crisi e, una volta che si è abbattuta sui sardi, le risposte del governo regionale non sono state altro che palliativi, interventi tampone, senza programmazione né un progetto alle spalle, basati più sulla risposta demagogica al contingente che sull’offerta di vere e percorribili vie d’uscita, almeno nel lungo periodo.
Hanno ragione i responsabili della Caritas, che ogni giorno “vivono” il disagio dei tanti disperati che si rivolgono ai loro servizi: ci voleva e ci vuole un sistema di welfare efficace ed integrato, risposte differenziate e a 360 gradi, risorse, quelle che vengono sempre più spesso tolte ai comuni e destinate a ciò che un buon padre di famiglia definirebbe il superfluo. Abbiamo responsabilità tutti, come politici e amministratori, qualcuno ha più responsabilità per la sordità ela chiusura dimostrata in questi anni ad ogni sollecitazione.