Psicologo in rete: servizio ad Alghero, Sassari e Ozieri

Il Dottor Fabrizio Demaria, direttore della psicologia ospedaliera del “Ss. Annunziata” di Sassari, spiega la novità.

De Maria: “Lo psicologo in un lavoro di rete è la nuova conquista”

“Utilizzare gli psicologi con un lavoro integrato di rete: questa sarà la conquista del terzo millennio”.

Uno psicologo in ospedale: in che senso può essere un limite o un’opportunità per il paziente?

“Dal mio punto di vista ci vedo solo opportunità. Perché è qualcosa di innovativo, di integrato e di integrabile. Perché permette davvero alle risorse di dialogare, cosa che è assolutamente nuova.”

In ospedale lo psicologo lavora assieme agli altri medici…

“È forse l’aspetto più interessante del lavoro. Perché “costringe” gli psicologi ad interfacciarsi con il personale sanitario: medici, infermieri, ausiliari, tutte le persone presenti. L’idea è strutturare un servizio che permette un lavoro integrato in rete e un po’ scardina la vecchia mentalità dello psicologo che riceve i pazienti nel proprio studio con una durata ben definita.”

In che casi e come si accede al servizio?

“Attraverso i reparti di degenza. Sia i pazienti sia i loro familiari possono fare richiesta al personale, agli operatori sanitari dell’ospedale, ciascuno per ogni contesto di appartenenza. Discorso leggermente diverso vale per il pronto soccorso, dove siamo presenti in area critica 12 ore, dalle 8 fino alle 20.”

Quali sono le pratiche indicate per gli psicologi?

“È ovvio che tutti gli psicologi che lavorano in ambito ospedaliero sono già psicoterapeuti. Di base hanno una formazione che consente loro un approccio integrativo dentro la logica del sistema ospedaliero: istituire un lavoro di raccordo tra figure che magari prima non dialogavano.”

Lei ha lavorato anche in ambienti militari. Ci sono modalità di intervento mutuate da questa esperienza?

“Esistono e sono differenti. Ci sono tecniche di desensibilizzazione, tecniche di rilassamento, defusing e debriefing, che è un protocollo che viene utilizzato nelle ore immediatamente successive a un evento critico. Servono sia nell’aggancio individuale, sia anche in un contesto di gruppo e possono funzionare a seconda degli scenari dinanzi ai quali lo psicologo intende usarli.”

Prima dell’istituzione del servizio, come veniva gestita l’emergenza?

“È come se fossimo andati a togliere il tappo a qualcosa che non esisteva. Prima nessuno parlava dei bisogni psicologici in ospedale, adesso finalmente se ne può parlare. C’era sul territorio il servizio socio-sanitario, che ovviamente, vista la mole di lavoro, non riusciva a essere presente dappertutto. Ora comunque possiamo dare un nome ad una sofferenza e penso sia una grande conquista di civiltà.”

Come è stata avvertita la novità da parte dei medici?

“Con curiosità. È come arrivare a tavola e pensare che non c’è un posto previsto, ma che può arrivare un ospite che può dare una visione differente dell’approccio di cura verso il malato. Devo dire che si sta creando una rete molto interessante con reparti, direttori di struttura e responsabili dei servizi. C’è una bella sinergia che nasce anche attraverso l’approccio formativo. Questa struttura ha avuto modo infatti di implementare una formazione specifica per i medici sulla gestione emotiva e psicologica delle bad news.”

Quanti sono gli psicologi impiegati nel servizio?

“Mentre prima avevamo ulteriori tre risorse, attualmente siamo 5: oltre me, una a tempo indeterminato e tre a tempo determinato destinate a Sassari e a Ozieri. Ad Alghero ci sono due psicologhe che fanno capo al presidio.”

Quali possono essere le prospettive future?

“L’idea è che un servizio piccolo che sta crescendo possa muoversi con le sue gambe, ma non solo. Quindi collaborazione sia con il territorio e altri servizi, sia con l’università per fare anche attività di consulenza oltre che di ricerca, in termini di beneficio e di benessere psicologico non solo rivolto al paziente ospedaliero, ma anche alla popolazione.”

 

29 Ottobre 2015