“Quale futuro spetterà ai nostri figli?”
L'opinione di Uccio Piras
Ma che fine faranno i nostri figli? Intanto procuriamo il lavoro e facciamoli lavorare veramente, al di là della pletora di slogan e promesse preelettorali. Ben concentrano le loro preoccupazioni sul futuro remoto, cioè quando i ventenni di oggi non avranno una pensione dignitosa. Se poi l’avranno io ho i miei dubbi e remore, remore, ma sarebbe meglio intervenire tempestivamente, meglio intervenire sul presente, dando loro una volta per tutte un'occupazione possibilmente stabile. Il futuro dei giovani preoccupa molto i genitori e tutti gli adulti, forse ancora di più i giovani stessi a giudicare dalle sempre più frequenti esternazioni politiche in materia. Curiosamente, però, le preoccupazioni degli adulti che, a vario titolo si occupano di giovani, più che sul presente dei giovani, fatto di precariato e mancanza di lavoro, si concentrano sul loro futuro remoto: Sui giovani, non in quanto oggi giovani, ma in quanto dopodomani pensionati poveri.
I giovani di oggi, penso, alla fine della carriera lavorativa finiranno per percepire pensioni da fame e complice probabile continuo innalzamento dell’età pensionistica saranno costretti ad andare in pensione ad un’età molto avanzata. Infatti, il nostro sistema pensionistico prevede che l’aumento della speranza di vita trascini con sé un aumento dell’età dopo la quale si matura il diritto alla pensione. Il blocco dell’aumento dell’età pensionabile (ammesso che tale aumento abbia luogo in Italia o le speranza di vita scendendo anziché aumentare) ha un ovvio costo per il sistema previdenziale di cui qualcuno dovrà farsi carico. Voi? Quanto al riscatto degli anni di studio, non solo ha un costo ingente, ma è una misura fortemente egualitaria. Il rallentamento della crescita provocato dalle frequenti crisi e l’avanzare dei processi di automazione che hanno atrofizzato l’intelligenza umana, provocandone contestualmente il dialogo umano dei nostri tempi.
Tutto, se siete d’accordo con me, ormai è basato sull’intelligenza artificiale, le macchine, gli smartphone, i robot, i computer rendono (processo irreversibile) per i nostri giovani sempre più difficile garantire un lavoro stabile a tutti. E poiché i giovani per definizione sono quelli che nel sistema devono “entrarci”, ecco, a mio modesto parere, pronta la diagnosi: per loro non c’è spazio e non ce ne sarà mai perché i posti nuovi scarseggiano e chi riesce a trovare un posto se lo deve tenere stretto toccando simbolicamente il cielo giorno per giorno. A ben guardare, tuttavia questa diagnosi non è del tutto compatibile con i dati e non lo è per la semplice regione che il dramma giovanile non è oggetto universale. Anche restando nel contesto dei paesi occidentali, anche restringendo il nostro campo di osservazione all’Europa o limitandoci ai paesi europei a noi più comparabili (Francia, Germania, Regno Unito e Spagna) quel dramma non emerge affatto. Governi più integerrimi o politici più preparati e onesti? Traete voi le vostre conclusioni!
O meglio, emerge come caratteristico di certi paesi ma non di altri. Sia prima, sia dopo la crisi a fronte di Paesi con un tasso di occupazione bassissimo (vedi Turchia, Grecia e Italia) vi sono molti Paesi con tassi di occupazione giovanile che superano l’80% e in alcuni casi sfiorano il 90%. E non si tratta affatto dei paesi più arretrati risparmiati dal progresso tecnico e dell’automazione bensì di alcune fra le più moderne economie dell’UE: Francia, Italia, Regno Unito, Irlanda, Austria, Svezia, la stessa Finlandia. Tutto per limitarci ai casi più significativi. Lì i giovani un lavoro lo trovavano ieri prima della crisi e lo trovano oggi dopo il grande shock subito dalle economie occidentali nel 2007-2011. Ma si potrebbe obbiettare, la crisi ha comunque ridotto la chance dei giovani. Questo in parte è vero perché in media in Europa, il tasso di occupazione giovanile (nella fascia 27-36 anni) tra il 2008 e il 2016 ha perso 2,5 punti percentuali.
Quel che è interessante, tuttavia, è che questa riduzione ha riguardato poco più della metà dei Paesi europei mentre per gli altri, le possibilità di lavoro giovanile sono aumentate. Questo vale soprattutto per diversi Paesi dell’Est europeo ma vale anche per alcuni Paesi occidentali come il Regno Unito, Austria e soprattutto Germania, unico paese occidentale importante che, prima della crisi, non era nel gruppetto di testo, dei paesi con tasso di occupazione giovanile superiore all’80%. E l’Italia?? Nel 2007 era penultima in Europa, solo la Turchia (complice la cultura islamica che non favorisce certo l’ingresso delle donne sul mercato del lavoro) faceva peggio di voi. Oggi siamo ultimi: facciamo peggio della Grecia, Turchia, Spagna.
Forse, anziché considerare inevitabilmente che i giovani vivano alle spalle degli adulti, dovremmo chiederci perché questo succede solo in alcuni Paesi. E come mai, fra questi Paesi, il nostro è quello in cui succede di più. Però dopo queste non certamente allettanti conclusioni, stiamo attenti: come diceva l’erudito Vico “corsi e ricorsi della Storia” che il 68 del biondo tedesco Cohm Bendit non è molto lontano anche le famigerate Brigate Rosse che colpivano nel cuore dello Stato Italiano, potrebbe essere dietro l’angolo. Uomini e donne di cui non voglio farne un’esaltazione ma all’Università ebbi modo di conoscere strategie e pensieri. Che se scoppiasse la miccia incendiaria dei disoccupati italiani ci potremmo trovare, senza colpo ferire, di fronte ad una eventuale cruente guerra civile. Effettivamente è un argomento da riprendere con un più acuto approfondimento socio-culturale, senza sottovalutare l’importante e scottante attualità!