«Referendum trivelle, Patto Civico vota sì per coscienza civica, economica e territoriale»
L'opinione di Stefano Lubrano, leader di Patto Civico Alghero
Quando si propone ai cittadini una scelta attraverso un referendum le parti spesso sostengono tesi che non sono di immediata comprensione. Tale confusione viene creata ad arte sopratutto quando la consultazione referendaria tratta argomenti che legano aspetti ambientali ad aspetti economici vedi il nucleare o quello di domenica 17 sulle trivelle. Per comprendere quali siano i reali elementi in campo abbiamo provato a fare alcune considerazioni.
In primo luogo Matteo Renzi decide di usare i nostri soldi per evitare di agganciare il referendum alle elezioni amministrative. Perchè fa questo? Renzi è consapevole che vinceranno i SI, e lui vorrebbe vincessero i “no”. Renzi è anche consapevole che l’unico modo per evitare che vinca il SI sia quello di non far raggiungere il quorum, cioè che voti il 50% degli aventi diritto al voto più uno, per rendere valido il risultato del referendum. Se il referendum fosse accorpato alle elezioni amministrative infatti la gente voterebbe in massa, e lo Stato, cioè noi, pagheremmo due cose al prezzo di uno. I cittadini sarebbero trattati come tali perchè verrebbe data loro una possibilità civica non solo di votare ma di fare in modo che il proprio voto sia valido. Renzi invece nega agli italiani tutto questo ed in più carica su di loro questo gioco politico facendoci pagare 300 milioni di euro, perchè questo è il costo del referendum fissato il 17 Aprile. Si avete capito bene, oltre al danno ci tocca pure la beffa di pagare i giochini politici di Renzi
A queste premesse aggiungiamo alcune valutazioni di merito. La questione delle trivelle ci pare tutta una questione economica e davvero di basso profilo. Le compagnie che oggi sfruttano in Italia i giacimenti in concessione svolgono la propria attività al minimo; non avendo limiti di tempo infatti possono estrarre petrolio e/o gas in quantità bassissime per non pagare i diritti di sfruttamento allo Stato. Infatti se si tengono sotto un determinato quantitavo annuo queste società non sono tenute, da contratto, a riconoscerci il 7% del valore del materiale estratto. Considerate che mediamente a livello mondiale le compagnie pagano invece il 20% del valore di quanto estraggono. Queste compagnie, quindi, oltre ad avere un costo davvero basso per la concessione non vogliono pagare nemmeno quello. Mettere una data di scadenza imporrebbe a queste società una maggiore quantità di produzione, costringendole a pagare i diritti di sfruttamento allo Stato, già bassi, e imporrebbe costi importanti per lo smantellamento degli impianti a conclusione del periodo di concessione.
Il danno economico per le casse delle Stato è quindi evidente: 300 milioni per un referendum che Renzi vorrebbe andasse deserto, nessun pagamento per le compagnie estrattive di diritti di sfruttamento dei giacimenti e del loro smantellamento, permanere vita natural durante degli impianti, anche quelli in mare, anche quelli entro le 12 miglia marine. Tutto questo mentre il Governo chiede sacrifici ai comuni per tagliare spese su sanità, manutenzioni, assistenza sociale, sport, asfalti delle strade.
Votiamo al referendum, votiamo Si, per esercitare il nostro diritto democratico di esprimerci e per dire a Renzi: Si, vai pure a casa.