Ricercatori universitari scoprono rimedio contro microtossine uva

Un gruppo di microbiologi guidato dall'Università degli Studi di Sassari ha elaborato un rimedio in grado di eliminare la pericolosa ocratossina A, una micotossina della frutta, senza produrre alcool: si tratta di una novità nel panorama scientifico internazionale, capace di soddisfare la dieta "halal" che, in base alle leggi islamiche, vieta il consumo di alcool.

Un gruppo di microbiologi guidato dall’Università degli Studi di Sassari ha elaborato un rimedio in grado di eliminare la pericolosa ocratossina A, una micotossina della frutta, senza produrre alcool: si tratta di una novità nel panorama scientifico internazionale, capace di soddisfare la dieta “halal” che, in base alle leggi islamiche, vieta il consumo di alcool. La ricerca è stata appena pubblicata sulla rivista International Journal of Food Microbiology (http://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0168160514003626). Lo studio, coordinato dal professor Quirico Migheli del Dipartimento di Agraria dell’Ateneo di Sassari, si è svolto nell’ambito del progetto Mycosafe, finanziato dalla Qatar Foundation, in collaborazione con il professor Samir Jaoua della Qatar University di Doha. Il team di ricercatori, del quale fanno parte anche Stefano Fiori, Paolo Urgeghe, Walid Hammamu e Salvatorico Razzu, ha valutato alcuni ceppi selvatici di lieviti non fermentanti presenti in collezione per verificarne le potenzialità antagonistiche contro i funghi produttori di ocratossina A.

Un problema molto rilevante nella produzione di succhi di frutta, infatti, è rappresentato proprio dalla presenza di dannose micotossine generate da funghi filamentosi (detti “muffe”) che possono contaminare la frutta prima della raccolta o durante le fasi di trasporto e di conservazione. Tra queste, l’ocratossina A (OTA), rilasciata per lo più da funghi di genere Penicillium ed Aspergillus, è sicuramente la minaccia principale, a causa dei gravissimi danni che la sua ingestione può provocare al sistema renale. Negli ultimi vent’anni, le segnalazioni della presenza di OTA nell’uva, nei succhi d’uva, nei mosti e nel vino si sono susseguite con cadenza sempre più allarmante. L’OTA viene riscontrata con una certa frequenza anche nei cereali, nella frutta secca, negli insaccati, nel caffè (in particolare nel caffè istantaneo), nella birra e in numerose altre bevande, comprese le tisane. L’assunzione di alimenti contaminati da OTA è un rischio da non sottovalutare, in particolar modo per i consumatori abituali di vini rossi, di vini da dessert e di succhi d’uva. In via preventiva la Commissione Europea nel 2005 ha stabilito che il livello massimo di OTA nel vino e nel succo d’uva non possa eccedere i 2 microgrammi per chilogrammo di prodotto.

“L’uso di fungicidi di sintesi per combattere le infezioni sul grappolo causate da Aspergillus e Penicillium è poco praticabile – spiega Quirico Migheli – Infatti gli attacchi più pericolosi sono proprio quelli che hanno luogo in prossimità della raccolta e poiché i limiti massimi dei residui di fitofarmaci sono regolati da una rigida normativa a tutela del consumatore, i trattamenti in questa fase sono vietati”. La lotta biologica, che prevede l’uso di microrganismi “benefici” per contenere gli attacchi del parassiti, rappresenta dunque un’ottima alternativa all’impiego di prodotti chimici. In tale contesto, i lieviti antagonisti si sono rivelati particolarmente promettenti, poiché agiscono principalmente attraverso meccanismi di competizione e non producono antibiotici o altre sostanze tossiche. Tuttavia, il loro impiego può essere limitato dal rapido aumento della concentrazione di alcool dovuto a fenomeni di fermentazione, che ne inibisce quasi subito l’attività biologica.

“La presenza di alcool nelle bevande – afferma ancora il professor Migheli – costituisce un problema di non poco conto per i consumatori che desiderino osservare le leggi islamiche relative alla dieta “halal” (letteralmente “permessa”). Queste regole sono contenute nel Corano e nella Sunna e sanciscono che anche piccole tracce di alcool presenti nei cibi e nelle bevande ne possano invalidare lo status halal”. La ricerca coordinata dall’Università di Sassari viene incontro a queste esigenze (il settore del cibo “halal” è una delle nicchie del mercato alimentare in più rapida espansione e rappresenta oltre un quinto dell’intero commercio mondiale di cibo).

Due ceppi, provenienti dalla collezione microbica del Dipartimento di Agraria, si sono rivelati non solo particolarmente efficaci nell’inibire lo sviluppo di Aspergillus e i suoi attacchi su grappoli d’uva, ma hanno anche dimostrato di poter attirare sulla propria superficie fino all’85% dell’OTA presente nel succo d’uva. Questa doppia veste di “soldati” e di “spazzini”, unita alla incapacità di produrre alcool sui grappoli o nei succhi d’uva trattati, rende i lieviti selezionati presso l’Università di Sassari molto interessanti per un loro potenziale utilizzo nel settore dell’industria alimentare “halal”. La ricerca prosegue con il duplice obiettivo di valutare l’attività antagonistica dei lieviti distribuiti direttamente in vigneto prima della raccolta e di trovare delle formulazioni che permettano di separare facilmente i lieviti dal succo d’uva dopo il trattamento decontaminante.

20 Agosto 2014