Riforma Fornero bocciata da Confartigianato: “E’ il contrario di ciò che serve”
A quasi un anno di distanza dalla sua entrata in vigore, quali sono i risultati ottenuti dalla Riforma Fornero? I numeri non lasciano molto spazio alle interpretazioni: è cresciuta la disoccupazione (era al 10,6 % nel luglio del 2012, mese di entrata in vigore della legge, è ora all’11,7 % con un aumento più che doppio rispetto alla zona euro), si è ridotta l’occupazione (c’erano 23 milioni di occupati, ce ne sono 22,7, vuol dire 1.641 occupati in meno al giorno, un calo dell’1,3%, il peggior risultato degli ultimi nove anni), la precarietà è rimasta quel che era ma sempre più non c’è nemmeno il contratto atipico per sfuggire dalla disoccupazione. Trimestre dopo trimestre, gli obiettivi sembrano tutti lontani a parte qualche segnale di inversione di tendenza sul lavoro intermittente o a chiamata (job on call) e sui contratti per le partite iva.
La severa bocciatura è arrivata da Confartigianato, che insieme all’istituto Ispo ha sondato un campione dei suoi iscritti: il 65% ha dichiarato che la riforma ha avuto effetti negativi sull’occupazione e pure sulla crescita. Anche se poi alla richiesta di indicare i maggiori ostacoli alle assunzioni, il 46 % delle piccole imprese ha dato la colpa alla crisi, il 30 al fisco e solo l’8% alle regole del mercato del lavoro e alla burocrazia. “Le nostre rilevazioni – ha dichiarato il presidente della Confartigianato, Giorgio Merletti – confermano quanto avevamo temuto e denunciato: la riforma Fornero ha frenato la propensione ad assumere e ad utilizzare contratti flessibili, ha aumentato il costo dell’apprendistato e dei contratti a tempo determinato, senza peraltro alcuna riduzione del costo del lavoro dei cosiddetti contratti standard. Inoltre la confusa formulazione delle norme su partite iva e associazioni in partecipazione, sta determinando un freno anche rispetto al lavoro autonomo genuino e, conseguentemente, al sistema produttivo. Ed ha ulteriormente complicato la normativa sul lavoro. Insomma, tutto il contrario rispetto a ciò che serve”.
Ma non è tutto: la Riforma Fornero ha reso più gravoso e anche più oneroso il ricorso ai contratti a termine. Il 59 per cento degli artigiani intervistati dice che non rinnoverà i contratti in essere o che è ancora in dubbio su cosa fare, malgrado uno studio del ministero del Lavoro riveli che l’incidenza dei contratti a tempo determinato è passata dal 63,1 % al 65,8 %, mentre scivola al 6,2 % (dall’8) la quota dei contratti a progetto. Ma la vera débacle si registra per i contratti a chiamata ribattezzati intermittenti: nel primo semestre di applicazione della riforma si sono ridotti del 37,4 % rispetto al secondo semestre del 2011. Crollano pure i contratti parasubordinati (le diverse tipologie di collaborazioni): – 15,3 %. In media entrambe le tipologie scendono del 24,4 %.
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