Il fondatore tedesco dell’Euro: “Basta con la moneta unica, sta portando al disastro”
L’ex ministro delle finanze tedesco Oskar Lafontaine chiede la fine dell’Euro per evitare un “disastro” economico e sociale a livello europeo. Lafontaine è solo l’ultimo in ordine di tempo che si unisce al sempre più folto gruppo di euroscettici che si oppongono al progetto dell’Europa unita. Le sue dichiarazioni fanno notizia, dal momento che l’esponente del “die Linke” è stato uno padri della moneta unica. Ora, però, direttamente dal sito del suo partito esprime tutte le sue perplessità nei confronti di quella che definisce “catastrofica moneta”. Lafontaine ammonisce che “la situazione economica sta peggiorando di mese in mese, la disoccupazione [in Europa, ndr] ha raggiunto un livello che mette in discussione sempre più le strutture democratiche”. Le cose sono davvero cambiate da quel lontano 2002, anno in cui monete e banconote uniche iniziarono a circolare in Europa al posto di quelle nazionali. “I tedeschi ancora non hanno realizzo che i paesi dell’Europa meridionale, compresa la Francia, prima o poi saranno costretti dalla miseria a combattere contro l’egemonia tedesca” ha detto, attribuendo gran parte delle responsabilità della crisi alla compressione salariale della Germania, attuata per ottenere quote di esportazione, che condurrà però, a suo dire, alla ribellione contro Berlino dei paesi in difficoltà.
Le posizioni di Lafontaine sembrano aver trovato una prima conferma nel Ministro delle finanze francese, Pierre Moscovici, secondo cui “è giunta la fine del dogma of austerity”, che sta rendendo sempre più freddi i rapporti tra Germania e Francia. “Abbiamo perorato la causa della crescita per un anno. L’austerità da sola impedisce la crescita” dice Moscovici, sottolineando come la mossa porterà ad una maggiore flessibilità di bilancio, che consentirà a Parigi di avere due anni più, fino al 2015, per riportare il rapporto deficit/pil al 3%. Moscovici ha sottolineato che Parigi intende vendere parte delle azioni detenute in società statali per finanziare gli investimenti necessari a stimolare la crescita del Paese. Il ministro ha quindi precisato che l’esecutivo non ha intenzione di privatizzare le società in cui lo Stato ha una quota di maggioranza.
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