Sassari, ancora pochi giorni per scoprire l’arte della Biennale Sarda
L’Accademia di Belle Arti Mario Sironi, con le manifestazioni per il suo venticinquennale, ha qualificato e radicato sul territorio la sua presenza creativa e istituzionale nella Biennale sarda, una prima storica. L’articolata iniziativa, infatti, composta dalle mostre allestite al Masedu e al Carmelo di Sassari, aperte dallo scorso luglio e fino al prossimo 30 settembre, insieme a numerosi eventi in città, è una conferma dell’importante ruolo che svolge nel dibattito intellettuale della Sardegna. Ma non solo. Ora l’Accademia non è più soltanto un luogo di formazione scolastica. Alla luce del successo della manifestazione essa si propone come spazio di riflessione, confronto, scambio sui temi della cultura e della politica culturale, di livello internazionale. L’occupazione di spazi espositivi cittadini normalmente inutilizzati ha dimostrato altresì che un orizzonte vasto non preclude l’attenzione al locale. Anzi. Bilanciando il “qui” e “l’altrove”, l’Accademia Sironi si afferma come il collettore ideale tra la Sardegna e il resto del mondo, non solo quello dell’arte.
Il museo del Carmelo – con Mnemosyne e Licei.doc – è stato scelto per ospitare un proficuo dialogo fra Accademia e le scuole propedeutiche, i licei artistici regionali, attraverso le opere dei rispettivi insegnanti. Di grande interesse l’inedita impostazione espositiva voluta dai curatori. I professori di liceo sono presenti con opere che si focalizzano sulla tecnica e sull’espressione artistica più autentiche. Mentre a quelli d’Accademia è stato chiesto un intervento di carattere “esistenziale”. A loro non era richiesta la presentazione di un’opera, ma il racconto della propria esperienza nel contesto sardo, tramite un breve messaggio video. Gli interventi, oltre duecento, sono poi stati disposti nelle stanze dell’ex-convento, trovando nella luce pulsante delle proiezioni, una singolare sintonia con quell’edificio tanto carico di suggestioni.
L’altra importante sede è quella suggestiva del Masedu, con Leap and land e shout!. Qui i curatori hanno concentrato il massimo sforzo per rendere merito all’attuale scena artistica che fa capo alla Sardegna. Divisa in due sezioni secondo i piani dell’edificio, la mostra ha così rivelato – adeguatamente valorizzandola – l’irruente energia, la ricchezza e la varietà di una situazione che, pregiudizialmente, dall’esterno, è considerata chiusa e provinciale. Al primo piano, la regolare successione di sale, schierate ai lati della scala principale, è contraddetta dalla tamburellante fioritura di opere che infrangono la rigida simmetria dello spazio. Trasversale per anagrafe ed eterogenea per scelta, la mostra è un omaggio corale alla cultura visiva della Sardegna, mirabilmente impaginato da un sobrio allestimento che – nonostante il loro gran numero – lascia il giusto agio ai singoli lavori.
Di diverso genere, al piano terra, l’operazione condotta dai curatori. Scegliendo di interpretare in modo dinamico la suggestione degli spazi, la mostra è strutturata come una piattaforma estesa di riflessione su termini come “limite”, “soglia”, “confine”. Tutti argomenti, ovviamente, molto sentiti dagli artisti sardi, soprattutto quelli giovani. Non a caso, parecchi di loro risiedono fuori regione, spesso all’estero. I lavori, quindi, più che occupare i locali del Masedu, cercano là l’ispirazione, nascendo – anche fisicamente – in una costante tensione fra interno ed esterno, il dentro e il fuori del museo.
Lo slancio al superamento degli ostacoli e delle barriere (anche psicologiche), è confermato da due progetti collaterali legati alla mostra. Da una parte, il grande intervento di pittura murale, che accoglie i visitatori nel chiostro del Masedu, e raffigura adeguatamente quest’ansia di “uscita”. Dall’altra un laboratorio sociale, svolto con gli abitanti dell’attigua Piazza del Sacro Cuore, che dà corpo e sostanza all’impulso di apertura verso la città. Apertura sperimentata anche con l’iniziativa alla Fontana del Rosello, dove vengono raccontate le storie del luogo e del territorio attraverso documenti scritti, orali e artistici, ragionando sul possibile destino di questa fondamentale area di paesaggio e identità urbana. Una serie di eventi che si concludono il 30 settembre, ma che, in realtà, rappresentano un inizio. Un ponte fra arte e vita edificato sulle prerogative, scolastiche e formative, autorevolmente mostrate, in questa occasione, dall’Accademia Sironi.