Si o No: riformare la Costituzione ?

L'opinione di Vittorio Guillot

Ho letto la riforma costituzionale proposta dal governo. Francamente non mi entusiasma granché perché mi pare che sostanzialmente non cambi in meglio il nostro sistema politico. Infatti, il nostro stato continuerà ad essere una Repubblica Parlamentare, anche se il governo dovrà ricevere la fiducia solo dalla Camera dei Deputati. Ciò farà sì che, come succede anche oggi, il Governo continuerà ad essere in balia di maggioranze più o meno composite, e , quindi, sarà sempre esposto alle pretese ed ai giochetti di forze politiche, anche microscopiche, che, dandogli e, soprattutto, togliendogli la fiducia ne mineranno la stabilità. La partitocrazia, inoltre, non verrà neppure scalfita , tanto è vero che i partiti presenti in parlamento e, quindi, le cricche che li dominano continueranno ad eleggere e, quindi, a controllare una parte determinante dei membri della Corte Costituzionale e del Consiglio Superiore della Magistratura.

Quindi il nodo delle interferenze tra politica e magistratura non verrà affatto sciolto. Resterà in piedi anche il bicameralismo , visto che il Senato, non eletto direttamente dai cittadini ma dai consiglieri regionali, non verrà abolito ma continuerà ad avere un suo ruolo nella votazione di molte leggi e nel formulare pareri obbligatori, anche se non vincolanti. Non mi sembra che questo fatto ridurrà di molto i tempi di approvazione delle leggi stesse. Aggiungo che non mi piace neppure che, secondo l’art.2) ed altri della Riforma, le Provincie Autonome di Trento e Bolzano godranno di un trattamento di favore, che non è riservato neppure alle Regioni a statuto speciale. Mi piace , invece, il principio che la Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi preventivamente sulla legittimità delle proposte di leggi elettorali.

Purtroppo, come ho scritto poco più sopra, questo Organo continuerà ad essere inquinato dalla presenza dei partiti politici. Mi piace anche che l’attuale, eccessiva e disgregante autonomia delle regioni sia molto ridotta e sottoposta al controllo dello Stato. Non mi è chiaro, in ogni caso, che cosa intenda l’art.1) della Riforma, riprendendo, fra l’altro, una espressione contenuta nelle modifiche apportate nel 2001. Tale articolo, infatti, afferma che vi saranno degli ‘ Enti costitutivi della Repubblica’. Ciò significa, forse, che Essa non è più una e indivisibile o, per lo meno, che non sarà più il supremo soggetto giuridico pubblico, ma verrà costituita da un insieme di Enti, quali le Regioni, che non le saranno subordinati ma godranno di dignità giuridica pari alla sua? A questo punto, riferendomi al contenuto dell’art. 34°, mi chiedo, in caso di esclusione dei titolari degli organi di governo regionali e locali dall’esercizio delle loro funzioni, chi, ed a che titolo, disporrà tale esclusione e chi subentra nell’esercizio di queste funzioni? E soprattutto, la Repubblica potrà attuare un intervento sanzionatorio se godrà di pari dignità giuridica con le Regioni?

Che significa, inoltre, l’affermazione dell’art.1) secondo il quale dovrà esserci, tra i deputati, un “equilibrio tra donne e uomini nella rappresentanza”? Vuol dire forse che dovranno essere stabilite delle ‘quote rosa’ o, forse, che il numero dei deputati maschietti deve essere uguale a quello delle femminucce ’o, infine, che il numero dei deputati e delle deputatesse dovrà essere proporzionato al numero degli elettori maschi e femmine? Quanto all’art.6), che pone per i membri del Parlamento il dovere di partecipare alle sedute dell’Assemblea, cosa succederebbe se questo obbligo non venisse rispettato? Chi e come tirerebbe le orecchie ai deputati discoli? Riguardo all’art.10) mi chiedo: Se, come succede spesso in Italia, le disposizioni concernenti materie su cui il Senato eserciterà la funzione legislativa, venissero inserite in proposte di leggi che si occuperanno anche di altro, i senatori, come dovranno regolarsi? Voteranno, cioè, tutta la legge, non la voteranno affatto o voteranno solo quelle parti che riguardano le loro competenze?

Tornamdo all’art. 2), domando se è logico e giusto che il numero dei senatori rispetti la proporzionalità dei partiti presenti nei consigli regionali. Non vi pare cioè, che, in pratica, così si rispecchierà la forza di quei partiti ma non la volontà popolare? Oggi, infatti, il cittadino, potrebbe votare per un certo partito alle elezioni regionali, ma potrebbe votare diversamente, persino per lo schieramento opposto, in occasione delle elezioni per il Parlamento. Niente vieta che, considerato che le materie di competenza dello Stato sono diverse da quelle di competenza delle regioni, il cittadino possa approvare la politica ‘regionale’ di un partito ma non quella che lo stesso partito propone al Parlamento Nazionale. Mi sfugge anche il motivo per cui l’art.24) non preveda che anche il Senato possa essere sciolto dal Presidente della Repubblica. Francamente mi lascia molto perplesso , e non solo per il modo pedestre in cui è scritto, l’art. 15), secondo il quale, ‘ la proposta di legge soggetta a referendum è approvata se ha partecipato alla votazione la maggioranza degli aventi diritto o, se avanzata da 800.000 elettori, la maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della camera dei deputati’. Perché, scusate, non si fa riferimento al numero degli aventi diritto al voto al momento della raccolta delle firme? Non vi pare che questa disposizione non tenga conto del fatto che il ‘corpo elettorale’, rispetto alle precedenti elezioni, sarà sicuramente cambiato, dato che vi saranno stati immessi molti nuovi elettori mentre molti altri potrebbero non avere più diritto al voto per i più vari motivi? Magari perché sono espatriati o deceduti? Non mi piace, infine, che sia stato eliminato il CNEL. Certo, nell’attuale sistema, esso è ridotto ad un misterioso ectoplasma di un ente inutile.

Però, poiché di esso fanno formalmente parte i rappresentanti delle categorie produttrici, delle imprese e dei lavoratori, che sono l’espressione del Paese Reale, avrei addirittura preferito che i suoi poteri fossero rafforzati e potesse partecipare alla formazione delle leggi. In altre parole, penso che una profonda riforma costituzionale, che volesse veramente attuare il principio della sovranità popolare e, di conseguenza, abbattere la partitocrazia , avrebbrdovuto affrontare un simile passaggio. Sono l’unico a pensarla in un simile modo? Sono Bastian contrario? Pazienza, va bene lo stesso.

Vittorio Guillot, 28 Ottobre 2016