Silenzio e rumore
Parlare di silenzio, affrontare un argomento del genere potrebbe sembrare una provocazione; si tratta, infatti, di richiamare nel nostro modo di vivere, nei rapporti con noi stessi, con gli altri e con le cose,ciò che, forse, anche nel passato scarseggiava. E’ il rumore a farla da padrone nella nostra vita! Rumore che coinvolge la nostra esteriorità, ma che occupa anche, e soprattutto, gli spazi del nostro mondo interiore. Oggi viviamo immersi nel rumore; un rumore che spesso diventa assordante e cagiona nocumento alla persona. Si direbbe che l’uomo oggi avverta l’esigenza di rumore per cercare di colmare il vuoto interiore. I mezzi di comunicazione diffondono rumore e rendono sempre più esigui gli strazi per la riflessione; la televisione, in modo particolare, si rivela capace di dettare, e anche di imporre, i gusti e le convinzioni: è in grado di atrofizzare la capacita di considerazioni ponderate. Anche i centri commerciali, i supermercati, producono rumore, stimolano all’effimero, alla convinzione che l’uomo abbia di fronte a sè una molteplicità di possibilità sempre che sappia sfruttare le occasioni.
Il rumore può diventare una dipendenza e, in uno stato psicologico del genere, prevale anche un senso di euforia e viene sovvertito il senso del limite, il senso profondo del vivere. Gli ideali, quando pure ci sono, allora, volano bassi: è la moda a guidare la quotidianità, a dettare tendenze e valori. Chi vive in modo superficiale non è in grado di sopportare il silenzio, il raccoglimento, perché questi rappresentano un pericolo, in quanto possono condurre in ambiti interiori evitati o dimenticati. E’ meglio, così si pensa, avere a che fare con parole, immagini, musica, chiasso. Si preferisce vivere al di fuori di se stessi,in ambiti stimolanti che producono soltanto l’effetto di anestetizzare la coscienza. C’è da chiedersi se oggi noi abbiamo realmente la capacità e la volontà di ascoltare noi stessi, naturalmente nel silenzio; si, perché al di fuori del silenzio sarebbe problematico ritrovarci, cercare di scoprire il nostro vero volto. Ma, probabilmente, è proprio questo che vogliamo: evitare di incontrarci con noi stessi; incontrandoci con noi stessi, a tu per tu, potrebbe darci la sensazione di incamminarci in un campo…minato. Si potrebbero scoprire dei lati del nostro “io” che sono stati rimossi proprio perché evidenziavano limiti e qualità negative che avrebbero potuto creare difficoltà all’impellente desiderio di apparire ad ogni costo. Si ha paura a rimanere soli con se stessi,anche per evitare di ascoltare qualche fievole voce, proveniente dal profondo del nostro animo, che ci invita a sostare,a considerare ciò che rappresentiamo nella nostra essenza: la natura divina.
Oggi è quasi una regola trasmettere o ricevere qualche messaggio tramite il telefonino; c’è quasi da credere che il nostro animo rimanga costernato, se non veniamo contattati o se non contattiamo qualcuno,anche per strada. Parole, sempre parole dunque; e non è detto che le parole abbiano sempre un senso, utilità: è nel silenzio che matura la parola di spessore. La superficialità della nostra società conduce, spesso, l’individuo in balia di impressioni passeggere. Una vita all’insegna della superficialità non può non apparire lontana anni luce da quanto afferma sant’Agostino: “Non uscire da te stesso; dentro di te abita la verità”. A sua volta,lo psicologo Karl Gustav Jung dichiara: “Chi ha paura di se stesso ricerca compagnie chiassose e rumori strepitosi. Il rumore infonde un senso di sicurezza come la folla; per questo lo si ama e si ha il timore di contrastarlo. Il rumore ci protegge da penose riflessioni, distrugge i sogni inquietanti, ci assicura che stiamo tutti quanti insieme e facciamo un tale chiasso che nessuno oserà aggredirci”.
Ma come si può, vivendo senza un mondo interiore, avere, tra le altre cose, un’apertura alla trascendenza, e quindi alla fede religiosa? Venendo a mancare l’interiorità, senza uno scopo profondo la vita appare senza significato. Non è sufficiente passarla bene la vita, non basta la scienza, né la tecnica e neppure la moda o il consumismo. Necessita una esperienza nuova, profonda: un’esperienza di ascolto interiore nel silenzio. La nostra cultura punta sull’avere piuttosto che sull’essere, conseguentemente siamo propensi a seguire dei canoni precisi che mettano in primo piano l’essere giovani, dotati di intelligenza, stimati, ricchi, attraenti, ecc. Una volta coinvolti in regole del genere, siamo inseriti in luoghi comuni e lontani da quel progetto che mira a rendere ciascuno se stesso. C’è grande necessità di silenzio. Nel silenzio abbiamo coscienza dei nostri limiti, scopriamo i nostri criteri di giudizio, i pregiudizi, ed altro ancora. Nel silenzio si rivela la Parola di Dio; ed ecco perché tante volte ci consideriamo lontani da Dio e affermiamo di non conoscerlo, di non sapere come incontrarLo. Come possiamo conoscerlo, incontrarlo, se siamo incapaci di “fare silenzio?” Non c’è alcun dubbio: le esperienze dello spirito possono avere luogo soltanto nel silenzio.