“Stay human – Restiamo Umani”, Alghero ricorda Vittorio Arrigoni
L'iniziativa si inserisce all'interno delle attività organizzate per tutto il mese di aprile a Respublica, spazio pubblico autogestito, in piazza Pino Piras, ed è organizzata in collaborazione con il Collettivo Studentesco e l'Associazione Jana Project.
Domani, mercoledì 15 aprile, anche ad Alghero, come in molte altre città in Italia e nel mondo, si ricorderà Vittorio Arrigoni, il pacifista ucciso nella Striscia di Gaza quattro anni fa. L’iniziativa si inserisce all’interno delle attività organizzate per tutto il mese di aprile a Respublica, spazio pubblico autogestito, nel centro di Alghero (piazza Pino Piras) ed è organizzata in collaborazione con il Collettivo Studentesco e l’Associazione Jana Project. Stay human – restiamo umani. Si chiudevano sempre così gli articoli che Vittorio Arrigoni scriveva da Gaza, sotto attacco nel 2009 durante l’operazione “Piombo fuso”. Raccontava non solo come giornalista, non solo come attivista internazionale, ma come uomo da sempre profondamente vicino a chi soffre e non ha i mezzi per difendersi.
A distanza di quattro anni dalla tragica scomparsa, il ricordo di tutte le sue imprese non si è mai affievolito e diventa sempre più chiara l’importanza della sua azione e della sua immensa generosità. Vittorio Arrigoni ha aperto un varco nella spessa cortina di silenzio e di menzogne costruite intorno al genocidio del popolo palestinese. Con i suoi lucidi reportage sotto le bombe, ricordava la necessità di restare umani davanti alle atrocità e scegliere sempre, con chiarezza, la via della pace. La serata avrà inizio alle 18.00 con la lettura di alcuni articoli scritti da Vittorio Arrigoni per il quotidiano “Il manifesto” e alcuni passi tratti dal libro “Il viaggio di Vittorio”, scritto dalla madre Egidia Beretta. Si potranno visionare anche alcune interviste realizzate a Gaza, poco prima della sua scomparsa, nelle quali l’attivista dell’International Solidarity Movement documenta la vita quotidiana degli abitanti della città sottoposta ad assedio da parte di Israele.
Nella stessa serata saranno inaugurate due mostre, che si potranno visitare fino alla fine del mese nello spazio di Respublica. #Gaza51 è la collezione di poster creati da Mohammed Hassona, giovane graphic designer di Gaza, e documentano in particolare l’ultima operazione militare di Israele contro la città, “Protective Edge”, durata 51 giorni, con oltre duemila vittime e conseguenze incalcolabili sulla vita degli abitanti. Mohammed Hassona, studente in multimedia e graphic design presso l’Università della sua città, rappresenta la giovane generazione di Gazawi che utilizzano il linguaggio dell’arte e della cultura per penetrare il silenzio dei media ufficiali, grazie anche all’uso dei social network. Espressione della nuova “Intifada digitale”, Hassona ha già esposto in diverse città europee e ha ricevuto diversi premi. Nelle sue opere si legge la denuncia lucida della tragedia del popolo palestinese e allo stesso tempo la speranza della pace. La mostra #Gaza51 viene presentata per la prima volta in Italia, dopo essere stata ospitata a Monaco di Baviera e a Belfast.
Verrà inoltre inaugurata la mostra fotografica di Marcello Dongu “Buba – Al di là del confine” Quali sono i motivi che spingono una persona a lasciare il proprio paese nel quale è nato e vissuto per scegliere di vivere in un paese straniero ? penso che la parola più adatta sia “speranza” . Ci sono realtà in cui l’emigrazione è in funzione della ricerca di lavoro ma ci sono realtà ancora più drammatiche dove i motivi di emigrazione sono dovuti a conflitti e persecuzioni che non lascerebbero scampo alle vite di queste persone sfortunate. Vivendo in paesi occidentali noi non ci rendiamo conto di quanto possa essere difficile vivere in determinate zone, vivere minacciati e sotto un costante pericolo di morte, potendo fare solo una cosa: trovare il coraggio e la forza di attraversare il confine. Un confine rappresentato dal deserto o dal mare, una barriera naturale difficilissima da superare per riavere una speranza di vita. Io no so cosa sia più difficile se restare nel proprio paese in cui si è minacciati o affrontare un viaggio verso l’ignoto, ma queste persone sono spinte dalla speranza di cambiamento, affrontando i rischi e i pericoli che un viaggio del genere riserva loro.
Nella foto: Vittorio Arrigoni