Tempo di bilanci per l’editoria sarda al Salone del Libro
La sensazione che si respira a Torino è buona, ma per dirlo bisognerà attendere il dato ufficiale. Positive le reazioni dell’assessore regionale alla Cultura Claudia Firino, che sabato pomeriggio ha partecipato al dibattito di apertura. Cauto ottimismo anche nelle dichiarazioni di Simonetta Castia, presidente dell’Associazione editori sardi che, con la Regione, ha organizzato e promosso la partecipazione sarda al Lingotto.
Al Salone è già tempo di bilanci e anche se per i dati ufficiali bisognerà attendere la chiusura di lunedì, l’atmosfera che si respira al Lingotto sembra improntata all’ottimismo. Lo dice anche l’assessore alla Cultura, Claudia Firino, prima di lasciare lo stand Regione Sardegna allestito al Salone internazionale del libro: “La sensazione mi sembra positiva, anche ragionando sui primi dati delle vendite pare che supereremo i numeri registrati nel 2013 e questo si deve anche al filo conduttore del programma incentrato su Atzeni che ha contribuito a caratterizzare la nostra presenza; positiva, a questo riguardo, la collaborazione con l’Aes e la Film commission e a loro va il mio ringraziamento, i numeri e il grande interesse – ha concluso l’assessore regionale alla Cultura – dimostrano che sull’editoria occorre fare ragionamenti importanti”.
Cauto ottimismo manifestato anche da Simonetta Castia, presidente dell’Associazione editori sardi: “La Regione ha creduto fortemente nella partecipazione al Salone accogliendo la nostra proposta progettuale relativa alla gestione organizzativa e alla creazione di contenuti che hanno caratterizzato la presenza sarda e si deve anche questa rinnovata apertura il successo della manifestazione”. Sabato 16 maggio, la musica ha fatto ancora da filo conduttore alla terza giornata del Salone, nello stand della Regione Sardegna, dove l’opera di Sergio Atzeni, in questi giorni, è stata variamente sviscerata seguendo percorsi e sentieri diversi. Suggestioni e contaminazioni individuabili nell’opera dello scrittore cagliaritano che hanno dato lo spunto per una riflessione a più voci incentrata sul ruolo certamente non secondario che la musica e il fumetto hanno avuto nella sua vicenda umana e artistica.
E’ toccato a Gianfranco Goria, ritenuto uno dei massimi esperti di fumetto in Italia, rievocare la temperie storica e culturale degli anni in cui Atzeni, con un atteggiamento quantomeno controcorrente e fuori dagli schemi, propone un modo nuovo di raccontare la Sardegna senza condizionamenti. “Anni in cui – ha detto Goria – il fumetto conosce un impulso notevole: basti pensare che su alcuni giornali iniziano a comparire articoli dedicati al fumetto in un clima di grande fermento politico e culturale”. A Milano, nel 1965, esce Linus e nel decennio successivo si sviluppano progetti editoriali importanti, dagli Stati Uniti arrivano serie considerate veri e propri cult. “Anni _ ha proseguito Goria _ in cui gli autori italiani scoprono nuove forme di narrazione”.
Il gruppo di cui fa parte Sergio Atzeni, in quella stagione prolifica, nasce e si forma anche leggendo fumetti che hanno segnato un’epoca, esperienza che inevitabilmente viene poi riversata nella scrittura innescando quella contaminazione di generi individuabile in tutte le sue opere. Singolare, al riguardo, l’aneddoto riportato da Rossana Copez durante l’affollato dibattito nello stand sardo – che ha fatto registrare anche il qualificato intervento di Nico Vassallo – quando ha raccontato dell’abitudine di Atzeni di portare con sé, in viaggio, un foglietto con l’elenco dei numeri mancanti alla sua collezione di Tex. Durante il dibattito, sullo schermo montato nello stand, scorrevano le immagini dei fumetti e delle strisce più noti, gli stessi che hanno caratterizzato gli anni in cui Atzeni nasce e opera.
Il rapporto tra musica e scrittura è stato invece esplorato da Giancarlo Porcu (Maestrale) e dallo scrittore Lorenzo Macchiavelli durante l’incontro incentrato sull’impiego di una tecnica narrativa per quegli anni decisamente innovativa: la costruzione di una storia sulla base di un pezzo musicale. Costruzione non casuale e affidata totalmente all’ispirazione, ma strutturata in modo tale da rispettare fedelmente il tempo narrativo del brano. “Su un brano musicale costruiva un’intera narrazione _ ha spiegato infatti Giancarlo Porcu _ perché la musica dettava le immagini suggerendo il soggetto e il passo della storia e Sergio Atzeni riusciva a farlo in modo così preciso che la lettura del racconto si conclude esattamente con la chiusura del brano musicale che ne ha stimolato l’ispirazione”.
In un dibattito in cui si parla di musica non poteva certo mancare l’apporto musicale, grazie all’apprezzato contrappunto dei jazzisti Salvatore Maiore e Peo Anfolsi. Prestiti e contaminazioni facilmente individuabili nella sua produzione e che contribuiscono a fare di Atzeni, in certo modo, un anticipatore di quello che sarà il dibattito culturale del periodo successivo. Un aspetto, questo, che ha fatto da leit motiv al primo incontro che sabato sera, nell’affollato Spazio autori del Salone torinese, ha aperto il lungo e partecipato pomeriggio curato dall’AES e dalla Regione. Dibattito preceduto dall’introduzione di Ernesto Ferrero e dall’intervento di Claudia Firino, affiancata dallo scrittore Marcello Fois, dalla studiosa Gigliola Sulis, da Stefano Salis e da Daniele Atzeni, che ha presentato il teaser del film “Madre acqua. Frammenti di vita di Sergio Atzeni”, in uscita fra qualche mese.
Un incontro a più voci, dunque, da cui è emerso certamente l’aspetto singolare della produzione letteraria di Atzeni “Che ritengo _ ha detto Gigliola Sulis _ un classico periferico nel panorama narrativo italiano del Novecento perché negli anni in cui altri autori abbandonavano il radicalismo rurale e il ricorso al dialetto, lui era geocentrato, aveva, cioè, un diverso senso di appartenenza e con lui operavano scrittori in sintonia con questo approccio”. E’ opinione ampiamente condivisa che dopo Atzeni gli scrittori sardi siano diventati ben visibili nel contesto nazionale e internazionale: “Atzeni in questo senso _ ha concluso Gigliola Sulis _ è stato un anticipatore periferico, ma non marginale”.