Tournée nell’Isola per lo spettacolo “Era la Nona?”
Si apre il sipario sulla divertente commedia in noir liberamente tratta da “Non era la quinta, era la nona” di Aldo Nicolaj – con drammaturgia e regia di Chiara Murru, anche protagonista sulla scena con Maurizio Pulina e Antonio Luvinetti. Appuntamenti venerdì 10 febbraio alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania e sabato 11 febbraio alle 20.30 al Teatro Eliseo di Nuoro per la Stagione 2016-17 de La Grande Prosa firmata CeDAC.
Ironia in “nero” con “Era la Nona?” – brillante commedia liberamente tratta dalla fortunata “Non era la quinta, era la nona” di Aldo Nicolaj – in tournée nell’Isola sotto le insegne del CeDAC per la Stagione 2016-17 de La Grande Prosa nell’ambito del Circuito Multidisciplinare dello Spettacolo in Sardegna. La pièce, nell’interessante allestimento della compagnia algherese Spazio T con drammaturgia e regia di Chiara Murru, anche protagonista sulla scena insieme a Maurizio Pulina e Antonio Luvinetti, debutterà venerdì 10 febbraio alle 21 al Teatro del Carmine di Tempio Pausania per approdare sabato 11 febbraio alle 20.30 al Teatro Eliseo di Nuoro. Focus sulla vorticosa giostra delle passioni con una trama insolita incentrata sulla figura di Eva – nome denso di suggestioni bibliche, simbolo della tentazione e della caduta, ma anche della ribellione: una donna di forte temperamento, dominatrice e autoritaria, seduttiva e capricciosa, imprime una svolta decisiva alle esistenze di due uomini, finché con un autentico coup de théâtre si giunge a un inatteso, dolceamaro finale a sorpresa. “Era la Nona?” – e ogni allusione alla splendida sinfonia beethoveniana è esplicitamente voluta e non casuale – mette l’accento sull’ipocrisia della morale borghese e sui rischi del matrimonio, sulla fragilità umana e sugli estremi cui può condurre un’eccessiva accondiscendenza quale quella dimostrata verso l’eroina (in negativo) della storia dai due (ultimi) uomini della sua vita.
La musica rappresenta un sottile fil rouge – oltre che argomento di conversazione, su una questione di gusti e sensibilità, di segrete affinità e personali inclinazioni – ma permette anche di connotare un ambiente, con un preciso riferimento ad un’educazione e una cultura mitteleuropea, quindi ad una determinata classe sociale. Nel clima raffinato e confortevole di una élite si consuma una invisibile tragedia: l’eleganza e il fascino mondano celano private inquietudini, il lusso e la noia inducono a cattivi e magari oziosi pensieri, al desiderio di spezzare una routine, a una sete di novità che può giungere fino al delitto. La pièce di Aldo Nicolaj – uno tra gli autori più noti e apprezzati dell’Italia del Novecento, dagli esordi “impegnati” all’ombra del censura, al successo delle sue commedie, applaudite anche all’estero, con una vita movimentata (dalla deportazione in Germania al soggiorno in Sudamerica) – mette l’accento sui caratteri e le peculiarità dei personaggio, in un meraviglioso gioco di incastri in cui le debolezze dell’uno o dell’altro diventano un’arma nelle mani dell’ambiziosa e imprevedibile “unica” donna.
“Era la Nona?” disegna tra le righe un icastico ritratto al femminile – in cui è possibile riconoscere, oltre la maschera feroce della parodia, una tipologia precisa di femme fatale: donne imperiose e caparbie, disposte a tutto pur di ottenere ciò che desiderano, amorali e spietate, enigmatiche e affascinanti, certamente temibili. Eva, la protagonista, al centro di uno strano triangolo da lei stessa immaginato e voluto, è una vera e propria forza della natura, sfrontata e maliziosa, altera e impetuosa, capace di travolgere un perfetto sconosciuto, stordirlo e ammaliarlo, e nello stesso tempo di tormentare chi le è vicino con le sue pretese e perfino con la sua sollecitudine. La commedia – che ha debuttato allo Zimmertheater di Heidelberg nel 1974 – riflette una società ancorata ad antichi valori, ma proiettata nel dinamismo di un futuro in continuo movimento: la mise en scène firmata da Chiara Murru mostra tutta la modernità e freschezza di un testo che al di là delle convenzioni e dei costumi di un’epoca, punta sul difficile equilibrio e l’ambiguità delle relazioni umane, sull’inganno dei sensi e i tortuosi labirinti della mente e del cuore.
Una scenografia astratta fa da cornice al grottesco crescendo – quasi a sottolineare la dimensione senza tempo di una vicenda fondata sulla diversità e complementarietà dei caratteri e sulla naturale evoluzione di un rapporto in cui il fuoco della passione lascia il posto alla riflessione, alla reciproca comprensione e all’amicizia (nei casi più fortunati) ovvero a un progressivo distacco fin (quasi) all’indifferenza. Un’eterna irrequietezza meglio si adatta ad Eva di una dolorosa rassegnazione, e l’abitudine non è contemplata: meglio la catastrofe, con una fine drastica e irreparabile, che non lasci spazio a dubbi e ripensamenti. La crudele incantatrice che gioca a dadi con le vite altrui non esita a coinvolgerli nei suoi piani, salvo poi scoprire, a sorpresa, un rivale nell’ombra, con un esiti (im)prevedibili – e ineluttabili: un ritmo incalzante, quasi da pochade, per una pièce divertente, e senza tempo, dall’irresistibile humour nero.