Truffa di coppia, un poliziotto e la sua compagna ai domiciliari

Gravi accuse nei confronti di un Sovrintendente della Polizia di Stato e la sua complice.

Nelle prime ore del mattino, personale della Squadra Mobile della Questura di Sassari ha dato esecuzione due ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari nei confronti dei coniugi sassaresi, C.E. di 43 e anni e P. V., di 45, Sovrintendente della Polizia di Stato, attualmente sospeso dal servizio perché sottoposto ad un altro procedimento penale.

Nei loro confronti sono stati raccolti gravi e consistenti indizi di colpevolezza per concorso nel reato di truffa aggravata dalle minacce e dal danno patrimoniale di rilevante gravità, ai danni di numerose persone.

I provvedimenti cautelari sono stati decisi dal GIP del Tribunale di Sassari Antonio Pietro Spanu su richiesta del magistrato titolare dell’inchiesta, Carlo Scalas, Sostituto Procuratore della Repubblica.

I fatti risalgono al periodo tra l’anno 2014 e i primi mesi del corrente anno, quando la coppia, seguendo un collaudato metodo truffaldino e con una precisa divisione dei ruoli, selezionava le proprie vittime,tra coloro che si trovavano in gravi condizioni di disagio sociale ed economico: padri di famiglia che avevano perso il lavoro, lavoratori precari, professionisti in difficoltà finanziaria. Persone che venivano depredate di denaro contante, con tecniche che variavano ogni volta, con la regia della C.E. e il costante sostegno del marito, la quale fingeva di svolgere attività di intermediazione, ovvero di  assistenza fiscale/tributaria e commerciale per i  clienti.

In alcune circostanze, i complici facevano credere alla vittima di essere in grado, con l’intervento  di personalità influenti, di poter procurare un immediato posto di lavoro presso aziende commerciali operanti nel territorio, fingendo però che fosse necessaria la regolarizzazione della posizione contributiva  pregressa, previo versamento  volontario di oneri previdenziali, da eseguirsi con sistema telematico ed entro una scadenza prefissata ed improrogabile, pena l’esclusione dell’opportunità di lavoro offerta.

In altri casi, la C.E. faceva credere alla vittima di aver scoperto l’esistenza di  consistenti pendenze con il fisco dovute ad errori formali/omesse denunce dei redditi etc. e di essere a conoscenza dell’imminente avvio di azioni di recupero del credito (esecuzioni forzate, pignoramenti, sequestri etc.) con grave rischio di danno patrimoniale, pericolo che avrebbero evitato con una fantomatica “lettera di perdono”  accompagnata dal versamento volontario di una parte del presunto debito tributario.

In tutte le circostanze, mentre la C.E. si occupava di ricevere dalle vittime il denaro in contanti, predisporre finte pratiche di versamento con modelli F24, curare gli inesistenti contatti con associazioni di patronato ed enti impositori (Agenzia delle Entrate ed Equitalia) il marito, facendo leva sulla propria veste di appartenente alle forze dell’ordine, conoscitore della legge, intimidiva la vittima di turno che, infine, decideva di  pagare le somme di volta in volta richieste che versava in mano della stessa C.E..

Alcune delle vittime sono state ingannate dai truffatori che avevano carpito la loro buona fede, tradendo la fiducia derivante da rapporti di amicizia e confidenza risalenti agli anni della gioventù.

Solo dopo alcuni mesi, e per una casualità, i malcapitati scoprivano che dei denari affidati alla donna, nessuna somma risultava essere mai  stata versata all’erario, mentre,  negli altri casi, le lamentate esposizioni debitorie erano assolutamente inesistenti.

In ultimo, i due coniugi, trasferitisi nella nuova abitazione, in una zona residenziale della città, avevano abilmente truffato un noto commerciante  dal quale avevano acquistato l’intera mobilia per l’arredamento della casa, completa di elettrodomestici, per un valore di circa € 20.000,00, producendo alcune  cambiali  poi protestate ed ingannando il venditore con documentazione falsa.

Il giudice ha disposto il sequestro preventivo dell’intero arredamento che è stato portato via dall’appartamento e affidato ad un custode giudiziale idoneo.

L’indagine condotta dalla Squadra Mobile si era rivelata, in un primo momento, particolarmente difficoltosa sia nell’identificazione delle numerose persone offese, sia per la esatta ricostruzione delle tecniche truffaldine adottate: infatti  le vittime avevano il terrore di rivolgersi alla Polizia per denunciare i fatti, per la paura di esporsi a un rischio di ritorsioni, a causa delle velate minacce espresse dal P.V., il quale, benché da mesi sospeso dal servizio, usava arbitrariamente il suo ruolo istituzionale di pubblico ufficiale per intimidire velatamente le proprie vittime.

Al momento si stima che gli indagati abbiano tratto un illecito profitto per un valore complessivo di diverse decine di migliaia di euro ma le indagini sono ancora in corso, alla ricerca di  altre persone offese, verosimilmente ancora ignare della truffa patita.

Redazione, 12 Giugno 2015